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Berto e Angelo


Quando: 12 Dùgno 2024

L'amigo, mèio dir fradèl del grande Berto, parlémo del pitór Angelo Dall'Oca Bianca. Qua podémo catàr i so quadri utilisà come cartoline postali, in un bòta e risposta co' Berto. Le curiosità iè tante, come el quadro de Angelo "Stella Mattutina" par el so Vilaio e la poesia de Berto "Case mate, case savie" mai più catàde. In più un articolo de Berto in italiàn che ne parla de Angelo Ringrassiémo la famèia Gioco e Roberto Fistini par el materiàl che publichémo


"Il pittore di Verona narrato dal poeta di Verona"

Berto Barbarani scrive de ANGELO DALL' OCA BIANCA
(Rivista Noi e il mondo de "La Tribuna" noémbre 1912)

Il poeta di Verona parla in questo articolo del pittore di Verona e lo descrive e lo racconta nella sua vita e nella sua arte. E attraverso le parole e le imagini di Berto Barbarani e di Angelo Dall'Oca Bianca s'anima e vive la bellezza della meravigliosa città, che fu l'ispiratrice dei due grandi artisti, del glorioso pittore, del poeta squisito.

La luce necessaria, per scrutare nell'intimo l'arte di Angelo Dall'Oca Bianca, è diffusa per tutto il modello ispiratore : Verona ! La cornice di questo quadro vivente è segnata con grazia, lassù in collina, da un giro di merli probabilmente ghibellini, come il pittore, e di torri aperte. Dalla castellatura della cinta Viscontea, si staccano dunque in declivio pittoresco le armonie popolari di Nazareth, della fontana del ferro, di S. Giovanni in Valle, la scala santa e San Zeno in Monte, che regge sulle spalle un «paradiso di amore» (il giardino dei Conti Giusti) con le sue statue bronzine. Discendono codeste armonie per viottoli curiosi e gradinate, per misteri di portici e di ombre; sfiorano le chiesette medioevali della città alta, si che ne tintinnano le campanelle, e sbucando dai covoli profondi del teatro romano, si fondono con la eterna musica dell'Adige. Dal castello di Verona, invece del malinconico suono della trombetta militare, romba talvolta il corno da caccia di Re Teodorico e ghigna il cranio di Cunimondo. Nella reggia e nei chiostri Rosmunda e Giulietta ricamano, per i loro concittadini delia posterità, arazzi leggendarî dove sono trapunte storie di amore e di sangue. Più sotto, in fianco a Santa Libera, sulle rovine del teatro, un palchetto di marmo. L'ombra di Valeria Severa gira cercando il suo Claudio:

Valeria Severa » - dico
non più il tuo Cesare impera.
Non udisti, Valeria Severa,
il galoppo di Teodorico?
..................
E non udisti Valeria
suonar l'editto di Berengario
quando crollo fredda maceria
tanto nobile marmo pario?

Neppur sai come l'ala
di venti secoli rombò,
e il ringhio di Can da la Scala
mai Valeria ti destò?

Ella mormora : Augusto, Cesare,
... Teodorico, Berengario... ! ?
Io mi rammento di Claudio...
Claudio, l'amor mio dov'è?
(da TÉRÉSAH).

Sostano un poco le armonie popolari della collina in conspetto del fiume, poi vi si abbandonano a giuocare attorno ai molini. Ed ecco, sull'opposta sponda, sorgere i campanili lombardi e le absidi eleganti di San Fermo e di Santa Anastasia, ecco la fantastica « Sottoriva » e il « Ponte romano »; laggiù dopo San Giorgio la mole di Castelvecchio e la solitudine di San Zeno. Strade aperte e piazze indimenticabili, case dipinte e palazzi imponenti, porte romane e portali cinquecenteschi, tutta la gamma architettonica di un'arte di venti secoli ha lasciato qui le sue impronte, ed Angelo Dall'Oca Bianca le ha seguite tutte. vivificate tutte col suo pennello instancabile, le ha difese tutte, perchè, giova dirlo, un bel monumento, a Verona, si trova sempre in pericolo, proprio... come una sartorella di sedici anni! dall'armonia di un fiume traverso la città millenaria trovi nido ed asilo in corpo ed anima dell'artista vaticinato dalle Saghe.

berto a romaSuccede anche, più di rado. però, che l'uomo artista, tanto prediletto dalla sorte spirituale, come nasce nel suo tempo e nel suo luogo, se ci si trova tene vi rimane, a dispetto del santo patrono e dei propri concittadini, non troppo credenti ai miracoli. Angelo Dall'Oca Bianca, con lo spirito affascinato dall'armonia del fiume, restò avvinto alle sue rive, alla scogliera delle colline, ai leoni delle chiese, alle catene dei molini, ai battenti, infine, della sua casa patriarcale. I concittadini in genere non possono sempre nascondere la loro contrarietà, che il figlio prediletto dall'arte, resti loro sempre tra i piedi ad opprimerli con la sua gloria in luogo di girsene per il mondo a tenere alto il nome della cara patria; essi vorrebbero che l'artista nato portasse la sua vita altrove, e che nel corso della esistenza, quando ne facesse qualcuna di belle... pensasse pure come quel tal cordaio di Fürfeld: « Che cosa diranno i miei concittadini quando sapranno... ? » Invece, il Dall'Oca resta a casa e manda a spasso i suoi quadri. Così la celebrità entra per le porte della bella Verona senza che i doganieri se ne accorgano, all' insaputa de' suoi stessi concittadini e forse anche a loro dispetto .. Egli resta a casa perfino a dispetto della fortuna. Un presidente della Repubblica Argentina (il generale Roca) nel 1888, dopo visitato lo studio, acceso da grande e simpatica ammirazione voleva portar via il nostro Angelo, assicurandogli ospitalità, lavoro, dovizie... Ma le Saghe avevano vaticinato che lo spirito aliato dall'armonia di un fiume, traverso la città millenaria, dovesse restare a Verona a custodia della Piazza delle Erbe e di tutte le espressioni estetiche per le quali ogni cosa bella è sacro privilegio.

E Dall'Oca rimase. Non sono abbastanza reporter americano, nè fui mai gentiluomo di camera, per dirvi il colore delle maglie aderenti alla muscolatura atletica dell'amico mio. Di lui non conosco che i vestiti semplici, tutti lindi e puliti come andassero al saggio della scuola; il cappello alla lobbia. il tabarro all'alpina, il pipistrello ... che esce anche di giorno e, per contrasto, una collezione di mazze e di randelli da tener testa all'uomo del bosco. So che nello studio lavora in libertà con un camiciotto lungo lungo e bianco... e candido da farlo sembrare... un frate camaldolese; so pure che in quei momenti egli veste anche l'abito di non essere seccato da nessuno. E se gli amici trovano facilmente la porta aperta, invece il visitatore curioso, l'importuno fosse anche il principe del Gran Mogol potrebbe, con maggiore probabilità, penetrare in Paradiso, che nello studio del pittore. Ecco: supponiamo ch'egli stia schizzando l'anima negli occhi neri e profondi di una popolana o le schiuda la bocca ad un sorriso. L'ampio studio, dalla invetriata che guarda sulla strada quieta e solitaria di Santa Maria Rocca Maggiore, è anche munito di due finestrine basse e maliziose.

E il visitatore deve stare attento da qual parte spunta la testa, come il cacciatore nel campo di tiro al piccione vigila le due cassette... Una scampanellata!... La testa si affaccia al pertugio di sinistra, ed ha tutta l'espressione di quella padrona di casa che in pieno contagio, rispondeva a Renzo: «Lucia è al Lazzaretto». -Per gentilezza, è in casa il signor Dall'Oca? Non c'è mica: ( Ed era lui che parlava e quell'altro lo conosceva di vista) .Pausa, grande meraviglia, bocca ed occhi aperti... -E a che ora si potrebbe trovarlo ?... !!! Mah ! Se tornassi così... verso le quattro... le cinque ? - Provi... Nel pomeriggio il visitatore ritorna; ma l'altro trovasi invece, col suo bastone grosso, intento a criticare le antenne del tram elettrico nel bel mezzo del Corso. Però, lo studio di Maestro Angelo (guai a chiamarlo professore) ha goduto tutti i fascini e le buone grazie del leggiadro stuolo femminino delle scene e dei salotti; l'aria peripatetica dei conoscitori d'arte e la franca gesuiteria dei critici di grido, la «dammene due che te ne ritorno uno». dei mecenati da sottoscrizione, e il profumo suggestivo delle illustri artiste drammatiche, che di passaggio per Verona, tra una prova e l'altra, invadono giocondamente il nuovo teatrino di arte dalle quinte meravigliose. I saldi amici si commuovono ai nuovi quadri e perfino i bimbi, le donne di servizio, gli imballatori battono le mani davanti a quella gioia di colori.

Quanti artisti, quante belle donnine, hanno respirato l'aria del salone polveroso, dove centinaia di tele voltano dispettosamente le spalle ai curiosi ! Salvo a far buon viso, una alla volta, ad un cenno del creatore; e allora, salgono sulla cavalletta e porgono il bel muso, le case che essi ben conoscono, le chiese ove pregano, il lago e le montagne dove respirano. Da un angolo della sala, antichi e recenti ritratti, a centinaia, riassumono tutto il mondo artistico letterario cosmopolita; dall' altro lato i quadri di Segantini, di Mosè Bianchi, di Favretto (l'ultimo suo lavoro il ritratto di Dall' Oca - non finito), guardano al sopravissuto. Le modelle di Angelo, sono tutte creature scelte nelle diverse categorie sociali che posano per capriccio, un po' anche per vanità, per devozione, non per mestiere; e trovano sempre e facilmente più di tutti, perfino degli stessi amici, la porta aperta, anzi spalancata. L'intimità spirituale di Angelo Dall'Oca Bianca ha delle amarezze... gioconde; e quando le esprime e ne le rende vive sotto gli occhi, con quel suo eloquio fascinatore a cui nulla resiste, noi scattiamo di sdegno con lui e come lui nello stesso tempo atteggiamo le labbra ad un sorriso di ironico buon umore. Ci sono infatti, in botanica, delle cose amare che lasciano la bocca dolce... Dall'Oca non è interessato e non è nemmeno ricco; pure tutti lo credono tale. Buon segno! Ciò prova come sia sapientemente misurato il suo respiro e il suo cammino nella vita. Quanti signori sembrano poveri !

Lui, povero, sembra un signore... Mentre una città, un paese, crea i propri uomini per farne dei «privilegiati» e dà loro da vivere e da lavorare, l'artista è quasi sempre sfruttato o dimenticato; se poi sorge un tantino di sospetto che possa bastare a sè stesso, egli è bello e condannato a lavorare e a creare per suo uso e consumo. Così avviene che i pochi quadri del Dall'Oca, al Museo di Verona, sono lavori da lui stesso regalati a vecchi amici e da questi trapassati al Museo. Il famoso quadro degli «Amori delle anime » che il Comune non si sentì in grado di comperare per le ragioni suddette, fu acquistato da un consigliere facoltoso di fuori, e regalato alla Pinacoteca. Ma, contemporaneamente, anche il Dall' Oca regalava a quel mecenate un grande quadro che valeva quanto «Gli amori delle anime». C'è a Verona una Esposizione biennale di Belle Arti, patrocinata da una serie di bravi e ricchi uomini. Il regolamento parla di cospicui acquisti da parte degli enti morali della città e della scelta di un' opera d'arte, da riprodurre in fotografia per darla a ciascun socio a titolo di ricordo. Ebbene, quando nel 1908 il Dall' Oca, dopo 20 anni che non esponeva nella sua citta, presentava un gruppo di 18 opere fra le sue più belle, ad esposizione chiusa poteva riportarne in studio... quasi 19, tanto i mecenati veronesi si erano fatti premura di ammirarle... ma non di acquistarle. Però, la Commissione gli chiese a prestito uno dei suoi lavori per tramandarlo fotografato ai soci. L'autore, davanti a così magnifico mecenatismo dei concittadini, sorrise argutamente e più argutamente ancora li mandò a spasso. Anche il Dall'Oca, come tutti gli uomini celebri, deve sopportare le conseguenze della sua celebrità e le noie relative; ma egli sa cavarsela con buon umore e con uno spirito... che resterà famoso. Ricordate, per esempio, cosa rispose il Dall' Oca a quel signore di Trieste che lo invitava a regalargli uno schizzo? E quella tal signorina, di Tunisi? Colta da improvvisa nostalgia della patria lontana, gli esprimeva «come il suo unico conforto sarebbe stato quello attinto dalla vicinanza spirituale degli artisti che la illustrano (sempre la patria)»; non desiderava che un segno del grande autore, una pennellatina. E Dall'Oca, a rispondere: «Amabile signorina, non una ma tre pennellatine le mando, che la faranno vibrare del più santo ardore ». E sotto a queste gentili parole disegnava e dipingeva, con quell' amore speciale che spiegano i ragazzi di scuola nel decorare i libri, la sua matta bandierina dai colori nazionali bianco, rosso e verde. E' strano: chi vorrebbe comperare i suoi quadri non ha denari; e chi ha denari per poterli comperare... preferisce farseli regalare. Dall'Oca accetta volontieri la scampagnata d'autunno e il tepore invernale di una mensa lieta profumata dai fiori della giovinezza, dei quali egli è perfetto e profondo giardiniere, lo inebria. In campagna, va in estasi davanti ad ogni cosa umile, semplice, ma sfiorata dall'ala della bellezza. Ogni cantuccio poetico e solitario, da dove l'occhio spazi per il cielo, per il lago, per la montagna, dove insomma vi sia posto per la sua immensa espansione di gaudio sincero ed immediato è da lui apprezzato , invidiato, accaparrato per i sogni avvenire; egli vorrebbe subito piantarvi le sue tende e la sua tavolozza.

Durante il lungo soggiorno sul lago, il verde Benaco non ebbe veli e segreti per il suo pittore: e nell'autunno prossimo egli pensa giá di recarsi in Cadore, tra l'abbraccio titanico del Pelmo e dell'Antelao. Le feste più aristocratiche nelle nostre villeggiature ebbero la sua rara competenza di artista ispiratore. Ricordo gli allegri autunni in villa del sen. Lucchini, ad Illasi, dove Enrico Panzacchi mi tenne a battesimo d'arte, e quelli, fastosi, di Villa Eugenia, a San Floriano, con dei nobili saggi di tragedia greca. In campagna, a tavola, tra i fiori, le belle donne e le bottiglie impolverate della Val degli Arusnati (che adoravano il sole nel tempio di San Giorgio, Ingana poltron), Dall' Oca Bianca non ha che un sol motto esultante, che riassume tutte le gioie dell'attimo e butta sotto la tavola ogni brindisi retorico e grottesco, un solo grido trionfale:

berto al vilaio dallocaEvviva la vita! E' tanto inveterato questo suo motto che Matilde Serao, qui, in una sua recente visita, appena vide il pittore di Verona, glielo ha rammentato come segno di una ricordanza perenne del soggiorno di Roma. - La compitezza e la giovialità entrano con lui nella casa ospitale ed a tavola nessuno meglio di lui gusta il manicaretto semplice o il tradizionale risotto veronese fattori eccellenti per il buon ordine delle idee e per lo spirito delle osservazioni. Dopo la mensa, è difficile che qualche viso biricchino di fanciulla o qualche rubicondo aspetto di gaudente non lo abbian colpito, ed allora qua, carta penna e calamaio; e l'artista con pochi e sapienti cenni lascia nella casa dell'ospite la pietra miliare del suo passaggio. E la espansione lieta dell'artista non si arresta al segno grafico della forma, ma s'espande in una grande onda di gentilezza e di poesia anche con la parola. I suoi madrigali se li ripetono con vera compiacenza le care creature che sanno ispirarli. Ad una giovane soave e bionda nobildonna veneziana egli sapeva dire che «la par fata de late e de rose con do gosse de çiel nei oci». E a Maria Labia, la futura Salomé della Scala per quest'inverno: «I so oci i è come quei de un angelo... sfrisadi da l'ala del demonio». Così, ad una signora a cui voleva magnificare il suo fascino, egli diceva che quando va a passeggio «la fa strangossar anca i sassi».

Cortese con tutti , ma foderato di orgoglio, della miglior lega, tenero per i bimbi e per i gatti, paladino sicuro di ogni causa buona, servizievole con gli amici fino a sacrificare parecchio del suo tempo prezioso, polemista fatto ed esperto, sprezzatore di ogni pericolo e di ogni cimento spadaccino a tempo e luogo, con la sua naturale virtù di auto-didatta e la profonda pratica della vita, gli hanno donato uno stile proprio ed una grande espe rienza di medico e di avvocato che egli non esita a spendere e spandere con tutti coloro che richiedono il suo consiglio e che si svelano a lui, in qualunque frangente dell'anima... o del corpo.

Per queste doti di forza e di coraggio, di bontà e di diplomazia, di orgoglio e di spregio verso coloro ch'ei non stima, il Dall'Oca conta fra i suoi conoscenti pochi che l' mano, molti che l'ammirano, moltíssimi che lo temono... A Verona, non volle mai accettar cariche nè per l'arte, nè per la politica. Per la voluttà di essere sincero, egli ha bisogno di essere anche libero, indipendentissimo.

E non volle mai titoli. Al pranzo del Duca di Genova per l'inaugurazione della presente Mostra a Venezia, i suoi colleghi facevano le più grandi meraviglie di non veder sul suo largo petto nessuna decorazione... mentre loro ne avevano tante. Ecco con quale causticità e li definisce i titoli: «Una ingegnosa scoperta dell' agronomia governativa per far crescere gli «uomini rari». Mi sono convinto in tanti anni di amicizia, che al di sopra d'ogni lauto guadagno, la sua più grande aspirazione è quella dell'opera armoniosa, perfetta a costo di qualunque umano sacrificio, I quadri da lui cancellati, fatti e rifatti, anche dopo aver ottenute le più alte onorificenze, non si contano. E al di la di ogni confine di arte, la sua più fervida devozione fu quella per la madre sua, che è sacrificio divino.

Su questi due eccelsi punti di vita, per questi ideali immensi, il Dall'Oca fermò ed isolò la sua esistenza in Verona e creò il suo breve ambiente di intimità. Non bisogna dimenticare, che la vita intima. di Angelo Dall'Oca Bianca è fatta di lotte interne ed esterne, di polemiche audaci, di entusiasmi e di nobili privazioni; il tutto un po' esuberantemente ; focoso si, ma in dose tale da ridurre le cose al loro vero stato di vibrazione. Niente pettegolezzi, miserie, cavilli, astuzie da gatta viziata; niente ipocrisie, bugie, maldicenze; soltanto sincerità e coraggio. Accanto al combattente ed al lavoratore, la figurina gentile di una giovane e colta lavoratrice Teresa la nipote del grande artista, tesoro inesauribile di affettuosità e di cure, lampada votiva di una casa patriarcale, è il braccio forte del pittore, per tutto quel complesso di particolarità e di esigenzepazienti e delicate alle quali l'artista non può attendere. Fiori, colori, lettere e merletti, una sapiente cucina, una soda coltura, una squisita penetrazione di arte, una grande forza d'animo e fermezza di carattere. Anche lei, come lui, pochissime amiche e niente pettegolezzi. Fra queste due creature di gusti semplici ed elevati, col loro esempio di attività e di grazia cerco spesso e volentieri ed ottengo di ingentilire un poco in loro compagnia la mia rude e libera vita di persona sola. E non è raro il caso che, dopo aver temprato lo spirito nello studio suo e aver richiamato sulla famosa cavalletta paesaggi e figure, l'Adige, i molini, le chiese, le belle donne, fiori e frutta e... Mosè salvato dalle acque (leggi «Piazza delle Erbe»), ci si ritrova un piano più in alto, seduti alla bianca tavola, tutta fiori e merletti, col bicchiere in mano: —-

Evviva la vita! Haec est Italia diis sacra esclamavano i germanici con Plinio, dopo l'esposizione di Berlino (1891). — La massima pittura italiana contemporanea veniva chiamata: Sole! I critici nordici mettevano molto sole nella loro ammirazione per la mostra personale del Dall'Oca. «Il sole d'Italia non altera i colori anche più vivaci, ma li raccoglie insieme con grande armonia». «Gli italianiaffrontano coraggiosamente i contrasti delle tinte». «Si resta ammirati come il sole d'Italia brilli nei suoi dipinti». Dall'Oca ha sempre adorato il sole... anche se i critici italiani gli facevan patire la luna. E quando splende l'astro, che matura il pane, il vino e le belle donne, il nostro Angelo va a distendere le sue tele al sole in campagna sul lago e vi appiccica su tutti e quattro gli elementi in natura fissa con pari intensità gli esseri inanimati e la folla, che gli si affaccenda attorno l'acqua gli concede tutte le varietà della sua trasparenza ed il cielo qualche volta si compiace di chiamarlo «Angelo» dai suoi festoni di nuvole.

E ancora: »Studiosissimo ricercatore del vero, egli indaga, medita i suoi soggetti e li ritrae con molto ardimento. Sente l'arte e la gloria come la sentono i veri artisti. Tempera di buon acciaio, che si piega al lavoro costante, si crea difficoltà sopra difficoltà per raggiungere l'effetto. Bella anima di poeta che si innamora del soggetto e lo veste di esuberante affetto e di original fantasia. «Per lui i fiori freschi ed aperti si aprono sulla tela come si aprono al sole.

Ed i suoi ritratti, lavorio di pennellate rapide, improvvise, a vari colori, raggiungono il loro effetto incantevole sorrisi, baci, pensieri grandi, lascivie e promesse (talvolta l'enigma, che è l'espressione più preferita dalla donna in posa, quando non pensa proprio a niente, e vuol far credere di aver digerito Schopenauher)». Questo affermavano in gloria i principali critici di Germania ed Ungheria, mentre quelli italiani fin da vent'anni or sono lo dicevano «dotato forse di talento» e rovinato da una reclame prematura e da una gonfiatura artificiale». Povero Angelo! Da quando lo conosco ed ero molto giovane, l'ho sempre visto lottare con l'invidia e con l'incredulità. Guai se no avesse molto amato e molto lavorato. Non dovrebbe perdonar niente a nessuno ! - E Dall'Oca, lavora ancora? si sibila nei salotti... Il lavoro di Dall'Oca ?

Ogni rapporto intimo, qualsiasi dolce violenza, si spuntano contro la sua ferrea volontà in fatto di lavoro e di dovere. Veder lavorar lui, con qualunque intemperie ed in qualunque stagione è nobile esempio ed incitamento grande per un'anima quieta e milionaria come la mia. Quando brilla il sole, sembra che i raggi gli trapassino la calotta cranica e gli escano dagli occhi, e le pennellate corrono sulla tela, sicure come tante benedizioni in extremis. Io credo, che quando Madama la Morte, così vispa nei dialoghi del Leopardi, vorrà avvicinarsi a lui per prenderlo per i capelli (povera illusa!) lo troverà ritto al cavalletto, tenace nella cotidiana ricerca. La punta della falce in luogo di incappare nella testata del letto, o nel cordone del campanello, squarcierà il suo ultimo capolavoro! 

barbarani
Lettera del pittore al mecenate: Gentile Signore, Vengo a pregarla di un favore, e spero vorrà scusarmi della libertà che mi prendo. Faccio una raccolta di cartelle da mille, e sarei ben lusingato se Lei fosse così gentile da mandarmene una.... Sarà certo la cartella da mille più pregiata della mia collezione, specialmente perchè potrò dire ch’ Ella fu tra i primi a volermi onorare in tal modo. Con la speranza di riceverne una, mi permetto di darle il mio indirizzo: Via Santa Maria Rocca Maggiore, n. 13 VERONA. Professandole tutta la mia stima, la ringrazio anticipatamente. Angelo Dall'Oca Bianca.

Foto: 1) Berto con Anita e Angelo con so neoda Teresa a roma 2) Inaugurassión Vilàio Dall'Oca Bianca 25.12.1939